dalla relazione al XIV Congresso del Pci, maggio 1975
Parlando di emarginazione noi non accogliamo la tesi secondo cui i giovani, tutti i giovani, sarebbero una sorta di ceto sociale. Vi sono, all’interno del mondo giovanile, differenze profonde: ad esempio tra i giovani disoccupati del Mezzogiorno e i giovani che, in altre zone d’Italia, hanno la possibilità di lavorare e di conquistare un relativo benessere.
Sta di fatto, però, che, nel suo complesso, la condizione dei giovani è segnata da una generale incertezza di prospettive materiali e di orientamenti ideali, determinata, in larga misura, dal comprensibile interrogarsi intorno ai destini di un mondo percorso da tanti drammi e travagli, ma determinata anche dal contrasto tra le loro aspirazioni e l’assetto attuale della società italiana.
Questa realtà si esprime nella crescita continua della disoccupazione giovanile di massa, che è fenomeno tipico di tutti i paesi capitalistici, ma che in Italia ha dimensioni più allarmanti. La disoccupazione giovanile è uno degli aspetti attuali della questione meridionale, ma essa colpisce, in ogni parte del paese, grandi masse non solo di giovani, ma anche di ragazze, le quali vedono nell’ingresso nelle attività lavorative una delle vie per conquistare indipendenza e dignità.
La caratteristica nuova nella disoccupazione giovanile è che cresce la presenza di laureati e di diplomati, i quali rappresentano ormai, in alcune regioni del Nord, la quasi totalità dei disoccupati. Sono molti i giovani disoccupati, ma sono moltissimi anche quelli che trovano un’occupazione nel lavoro nero e precario. E ciò significa spesso, per centinaia di migliaia di giovani, una condizione di sfruttamento e comunque uno stato di incertezza per l’avvenire, che rende più difficile il rapporto con le organizzazioni del movimento operaio.
La soluzione della questione giovanile è dunque legata, anzitutto, a uno sviluppo delle forze produttive, a un allargamento e redistribuzione delle possibilità di lavoro e a una nuova sistemazione del mercato del lavoro, che arricchisca e valorizzi la qualità e i fini del lavoro.
La battaglia per risolvere la questione giovanile non si svolge però solo sul terreno della politica economica, della politica del lavoro e della politica scolastica. Essa va condotta anche sul terreno politico, ideale e associativo per combattere ogni forma di rassegnazione, di illusorie evasioni, di vacuo ribellismo e per conquistare le masse giovanili ai principi di un’effettiva solidarietà, alla lotta civile e politica per il rinnovamento della vita sociale dello Stato, all’impegno ne1lavoro; nello studio e nella propria elevazione culturale.
Di fronte a un mondo che si è venuto così rapidamente trasformando in tutti i sensi, davanti a tanti interrogativi angosciosi non vi è da stupire se si diffondono le più varie tendenze irrazionalistiche e se, al tempo stesso, si invocano e si ricercano certezze assolute e immediate.
Di qui scaturiscono, si accavallano, s’intrecciano fenomeni di sbandamento, di disperazione, di fughe dalla realtà e dalla ragione, di qui il rinascere di fanatlsmi, di integralismi e di sette caratterizzate dalla più chiusa intolleranza.
Deve essere chiaro, però, che non si tratta soltanto di tendenze che possono essere definite spontanee. È stato giustamente osservato, per esempio, che se per certe ristrette cerchie sociali l’uso della droga era uno dei modi per sperimentare nuove sensazioni, la diffusione della droga pesante nelle periferie urbane è una sorta di imposizione, analoga, ma ben più perversa di quanto non fosse la sollecitazione all’alcoolismo nella prima fase dell’era industriale.
Riprendono spazio e trovano ascolto vecchie o aggiornate tendenze irrazionaliste in vari campi della cultura, il cui veleno viene poi propagato e diffuso attraverso mille canali, compresi molti mezzi di comunicazione di massa, per distruggere e disperdere ogni sforzo per comprendere la realtà, ogni senso dei processi storici. È un esempio da nulla, ma è pur indicativo che una delle reti radiofoniche nazionali – e proprio quella che vuol essere considerata più cristianamente ispirata – apra le sue trasmissioni mattutine con una rubrica dedicata a meditazioni sulla fede cattolica, ma anche con un’altra rubrica dedicata alle predizioni astrologiche.
E anzi più che mai oggi sentiamo il valore e l’attualità della tolleranza di fronte al pericoloso vigoreggiare, nel mondo e in Italia, degli integralismi dei più vari segni. La tolleranza è il rispetto delle idee e delle libertà altrui, il riconoscimento delle verità e dei valori di cui altre correnti sono portatrici: è quindi anche la premessa per giungere alla comprensione reciproca e all’incontro con tutte le forze che aspirano alla pace e alla giustizia.
Nel rispetto verso ogni corrente culturale, movimento e partito di ispirazione democratica, noi sentiamo tuttavia di avere una grande funzione da svolgere verso coloro che cercano valori positivi e che, talora, non trovando altro che porte chiuse e anime morte, si abbandonano all’angoscia e alla disperazione. Ai giovani, in particolare, noi ci vogliamo e dobbiamo rivolgere, poiché verso di essi più aspra è stata l’offensiva per p·resentare in modo assurdamente distorto l’immagine della nostra politica.
Certamente, noi non pensiamo di offrire alcuna consolatoria certezza ai giovani. Sono mentitori e demagoghi tutti coloro i quali offrono l’immagine di un facile cammino, di una felicità a portata di mano. Molte di queste posizioni, nate e cresciute nel disprezzo di ogni seria analisi della realtà, hanno fatto tragica bancarotta sino a recare con sé una catena di disperazione e di morte.
Non vi sono facili scorciatoie, né serve alcuna fuga dalla realtà. Ma non è certo il tempo, non è mai il tempo per rinunciare alla lotta, per chiudersi nel proprio particolare. È più che mai il tempo invece per riprendere fiducia e coraggio, per impiegare l’una e l’altro razionalmente, usando le armi della conoscenza storica e scientifica e lottando in modo organizzato.