di Pierpaolo FARINA, dalla prima pagina de l’Unità del 2 giugno 2014
La prima volta che sentii pronunciare il nome Berlinguer avevo 15 anni. Ero ad una manifestazione studentesca e gli slogan urlati non erano dei più lusinghieri. Ovviamente a quell’età non avevo la benché minima idea di chi fosse questo Berlinguer, né perché noi studenti dovessimo avercela con lui. Così quando tornai a casa chiesi a mia madre, senza troppa convinzione, chi fosse stato e mi sembrò assurdo che mi dicesse che era stato un politico alla cui morte la gente piangeva per strada. “Ti starai sbagliando, se è morto quando tu eri giovane come ha fatto a fare la riforma dell’università?”.
Avrei scoperto solo tre anni dopo che il Berlinguer di cui mi aveva parlato mia madre non era il Berlinguer che in piazza contestavamo. Era luglio, avevo diciotto anni da qualche mese, faceva molto caldo, tant’è che con un mio amico ci rifugiammo in un libreria per goderci l’aria condizionata. Proprio all’entrata c’era una colonna con vari libri al 50% e tra questi c’era la biografia di Chiara Valentini su Enrico Berlinguer. Quel libro così in bella vista mi riportò alla mente quel fugace scambio di battute con mia madre e riaccese in me la curiosità per quel politico morto ben cinque anni prima che nascessi, di cui non sapevo davvero nulla. Feci il mio acquisto e con il senno di poi furono soldi ben spesi.
Divorai letteralmente il monumentale lavoro della Valentini, ma non mi bastava: volevo saperne di più, volevo direttamente leggere quel che Berlinguer diceva e, soprattutto, volevo farlo conoscere ai miei coetanei: se aveva fatto il miracolo con me, non c’era ragione perché non ci riuscisse con altri. La sua vita di sacrificio, il suo essere così diverso dall’immagine consueta dell’uomo politico mi conquistarono e sentii il bisogno di rendere giustizia a quello che mi sembrava un grande patrimonio di idee dimenticato dalla Sinistra ufficiale. Iniziai a farlo con un blog e ottenni subito un gran successo.
Cominciò quel giorno la lunga marcia dei ragazzi di enricoberlinguer.it, un manipolo di ventenni che, secondo qualche illuminato politicante dell’epoca, non capivano assolutamente nulla di come si facesse politica. Usando i mezzi della “modernità” abbiamo creato una delle più grandi web-community dedicate a un politico, per giunta comunista, diffondendo per cinque anni le sue idee e le sue parole per il web. Contro tutto e contro tutti. Eppure oggi più di 400mila persone ricordano Enrico Berlinguer e un terzo è sotto i 30 anni. Non solo: abbiamo ottenuto, tra le altre cose, una piazza a Milano, capitale del berlusconismo, l’emissione di un francobollo, la via a Roma e tanti altri grandi successi.
Ma la nostra non è nostalgia, perché non si può avere nostalgia di qualcosa che non si è vissuto: ricordare una persona come Enrico Berlinguer che ha dedicato tutta la sua vita alla lotta per un ideale e che è morto onorando fino in fondo quella scelta di vita è una necessità. Per continuare a credere che la politica sia una cosa bella e che è vero che si può dare tutto senza chiedere in cambio nulla ed essere felici lo stesso. Perché noi, come Enrico Berlinguer, siamo convinti di non poter essere felici se di fianco a noi c’è qualcuno che soffre.
E a quelli che sostengono come Berlinguer abbia perso tutte le battaglie, va fatto presente che ce n’è almeno una che ha sempre vinto: ed è la quotidiana battaglia che ciascuno di noi ingaggia ogni mattina con il proprio specchio. Una piccola cosa, ma che in politica è grande come una montagna. Senza contare che la sua idea di società socialista che rispettasse tutte le libertà, tranne quella di sfruttare il lavoro di altri esseri umani, sarà stata anche imperfetta, ma almeno era un’idea di società.
Se oggi siamo ancora qui a parlarne, se il fascino per quella diversità che lui ha così ostinatamente difeso conquista così tanti giovani, addirittura di 14 anni come Clara, pisana e fieramente berlingueriana, significa che Enrico Berlinguer, da morto, è molto più vivo dei tanti che negli ultimi trent’anni hanno tentato, invano, di seppellirlo e cancellarlo dalla storia. A ben vedere, una storia così non si può cancellare.
Perché Enrico Berlinguer non è solo una biografia tra le tante, è anche la nostra storia. Le radici di quel che siamo. Per rifiorire, la Sinistra ha bisogno di quelle radici. Tanti fiori in Italia aspettano di sbocciare: e saranno belli, forti e ventenni. E semineranno nuove radici. E quando finalmente arriverà una nuova alba, avrà i colori di quei fiori. E il sorriso, dolce, di Enrico.
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